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mercoledì 2 ottobre 2013

Editoriale delle 7.29


Editoriale delle 7.29

Si parla sempre di crisi e di mancanza di lavoro, forse sarebbe meglio ricercarne le cause senza dare sempre la comoda colpa ad un berlusconismo che, sebbene abbia fatto poco nulla (e nonostante la penuria di cambiamenti, comunque negativi), finisce per essere accusato di cose che non ha mai approvato. Certo, Berlusoni gran voltaggabbana faccia di merda. 

Andiamo con ordine e vediamo di capire come ragionano gli italiani: perché se lassù c’è una personalità politica “di quel calibro” votata da 15 milioni di italiani malcontati, forse il problema vero non è Berlusconi in se per sé ma la disinformazione intrinseca della Tv e dei media italiani che giocoforza sono obbligati a sostenere quest’ultimo; non per una certa ignoranza ma perché l’80% dell’informazione italiana è detenuta da quest’ultimo (dati della magistratura dal  processo “Mani Pulite”).

Occorre quindi distinguere, il Berlusconi politico e il Berlusconi imprenditore.
Il Berlusconi politico non l’ho mai capito, salvo qualche intervento nel ’94 non penso abbia mai avuto chiaro cosa sia una res publica, ma penso anche che avesse chiaro il fatto che le leggi se le sarebbe potute fare a puntino, leggi ad personam.
Il Berlusconi imprenditore è un’altra cosa. È uno che, si voglia o no, si è fatto. È, e deve essere, un modello per ogni giovane imprenditore perché ha tolto il monopolio delle reti televisive perbeniste allo stato (che le gestivano in questo ordine: rai1 Democristiani - rai2 socialisti - rai3 comunisti, se qualcuno pensa che stia dicendo cazzate, rimando alla “lottizzazione politica della rai” anche da wikipedia) con un modello innovativo e attraverso un escamotage degno del miglior imprenditore “da sogno” che vorrei raccontare ma mi diluirebbe troppo questo veloce scritto. Il modello innovativo era semplice: divertimento. L’operaio torna a casa da lavoro e non vuole vedere Letta da Fazio, Bersani da Vespa, Renzi dalla Bignardi, no, vuole vedere Colorado. Magari va bene, magari è brutto, magari è sbagliato, certamente è meno manipolatorio il naso di Ruffini che un convegno del PD (socialista) su rai2, una messa (democristiana) su rai1 o una Internazionale (comunista) su rai3. N.B. L’internazionale era la megariunione che i comunisti facevano per aggiornare il piano di conquista mondiale.
Berlusconi imprenditore, quindi TOP, che lo si voglia o no.

Più volte Berlusconi ha inoltre dichiarato di non aver mai licenziato nessuno. Come la inquadriamo questa uscita? Sinceramente non so se sia neanche vero, o se sia una uscita da campagna elettorale (“rimborseremo l’IMU!”, è la più grande trollface della storia). Da qui mi sorge una domanda: è giusto licenziare qualcuno?

In America non c’è un lavoro a tempo indeterminato, in pratica anche il più fedele degli operai altro non è che un libero imprenditore che vende il suo lavoro ad una azienda, questo corrisponde ad una facile assunzione ed ad un facile licenziamento, la paga è settimanale e, ovviamente, senza tasse pagate. Le tasse le paga il libero professionista (che in pratica è una azienda a sé) e il bello del “soooogno” americano è che nessuno ti obbliga a versare i contributi, pensate che se lo stesso fosse in Italia gli stipendi quasi raddoppierebbero ma, e qui c’è un maestoso e gigante ma, non meriti alcun servizio.

Se non hai mai pagato le tasse per le cure mediche (in USA non si pagano allo stato dato che non ha una struttura sanitaria, ma all’assicurazione) non ne avrai. Se non hai mai versato la pensione, non la avrai: insomma, se non hai mai dato un soldo non ne avrai. Giusto, equo, semplice, limpido.

In Italia c’è una forma di socialismo democratico assistenziario (e, of course, cristiano) che permette di avere tutti questi servizi gratuitamente.

Pensiamo ad una povera casalinga che vive in roulotte e non ha mai lavorato: sì, in pratica una zingara. È giusto che si venga riconosciuta una pensione, seppur minima, ma sempre una pensione, senza aver mai lavorato? È giusto che si venga riconosciuta delle prestazioni mediche che non ha mai pagato? 
Per me no. E non stiamo parlando di comunismo, stiamo parlando di sanguisughe,

Vedete, le idee del comunismo in generale, non sono così male. Lo stesso profeta Marx diceva “Da ognuno secondo le proprie necessità, a ognuno secondo i propri bisogni”. È fantastico, tutto girerebbe. Vuoi fare l’operaio e ti piace? Fallo! Vuoi fare il cassiere e ti piace? Fallo! Vuoi fare l’ingegnere aerospaziale e mandarci su Marte? Cazzo che figo, Fallo! Vuoi salvare delle vite? Fallo!
E non ti pago! Perchè i soldi non servono! Se ognuno fa le cose per il gusto di farle non gli importano i soldi e allora regala la propria merce, e così gli altri.

Il contadino non vende le patate ma il meccanico non gli vende il trattore e il benzinaio non gli fa pagare la benzina! Se non doveste vivere in questa società che lavoro fareste?

Questo meccanismo è però inapplicabile in quanto non c’è una vera coscienza altruista, il mondo non è pronto e forse non lo sarà mai.

L’imprenditore vuole guadagnare e l’operaio talvolta come un parassita si attacca alla schiena e gli succhia i soldi.

Parliamo del caso Fiat, e del perché la produzione si sia spostata all’estero. 
Appena iniziata la crisi la Fiat si è trovata giocoforza a effettuare dei tagli, come ogni altra azienda. 
Nel 2010 ha tentato di licenziare tre operai (niente in confronto ai 6200 dipendenti in Italia) per queste ragioni. Se non volete leggere l’articolo, in pratica, era sempre in malattia e qualcuno aveva addirittura un secondo lavoro in cui però andava quando, alla Fiat, era “in malattia”: Il tipo di lavoratore che ogni azienda vorrebbe.

È giusto licenziare questi uomini? È giusto non dare la pensione e i servizi sanitari ad una zingara?

Parliamo del diritto di sciopero, sacrosanto per alcuni, completamente inutile per altri. Ammettiamo che sia giusto fare sciopero, in quali occasioni è giusto farlo?
  • Quando si è nel massimo periodo di produzione.
  • Quando si è vicini ad una consegna.
  • Quando è venerdì.
  • Quando è lunedì.
  • Quando è estate e c’è il sole.

Secondo me in nessuna di queste. 
Se vuoi fare sciopero contro lo stato, non è giusto far soffrire un imprenditore che, anche se ha dei soldi, li ha guadagnati lavorando onestamente proprio come un operaio. È bullismo. È farsi menare da Tyson e andare a fare lo sgambetto ad un bambino che non c’entra niente. È sbagliato e inoltre frustrante per l’imprenditore che è impotente.

Quale è la forma di sciopero per un imprenditore? 
Nessuno se lo è mai chiesto. Pensiamo ai problemi di un’azienda in Italia: burocrazia, stato e operai scansafatiche. Come si può manifestare il proprio dissenso verso lo Stato? Andando in un altro Stato che mi dà più libertà! Via in Polonia! 
Poi, gli operai torneranno senza lavoro, meglio così, non ci saranno manifestazioni contro i licenziamenti, non ci saranno macchinari distrutti dalla follia distruttrice dei dipendenti e l’imprenditore va in un’isola, perlomeno, più felice dell’Italia. 

Gli operai se la caveranno, torneranno dalle Maldive con vacanze comprate a rate e la macchina da 30mila euro che non possono mantenersi, anch’essa a rate. 

Non avranno più soldi per onorare i debiti (cioè le rate) e una banca fallirà, ma tanto è solo l’Italia, che gliene frega ad un povero operaio che vuole solo mangiare dell’Italia? Finché c’è da chiedere: sanità, scuola materna, asilo nido, scuola elementare, scuola media, scuola superiore, università per il figlio, comune, strade, lampioni, parchi, piazze, polizia, vigili del fuoco, carabinieri, guardia di finanza, guardia forestale, polizia municipale, pensioni di invalidità, pensioni di vecchiaia, pensioni di vedovanza, servizi sociali, aiuti sociali, case popolari e chi più ne ha più ne metta. Finché c’è da chiede, ci sarà sempre chi prende.

Quando invece c’è da pagare, tutti spariscono. Perchè metà del mio stipendio in tasse? Siamo fuori? Andiamo in Piazza!! Anzi, facciamo sciopero venerdì così vado al mare e mi abbronzo!

Sisi, Bello.


Riguardo la retribuzione del lavoro esistono sostanzialmente due scuole:

  • Il lavoro deve essere retribuito in base alle ore di lavoro.
  • Il lavoro deve essere retribuito in base a quanto si produce.

La prima opzione porta solitamente ad un calo della produttività specialmente in quei settori dove le novità e l’interesse degli impiegati verso il prodotto sviluppato è basso. Viceversa esistono progetti che non richiedono un tempo prestabilito, ma che, non per questo, sono più semplici. 

La seconda opzione porta ad un innalzamento della produttività ma ad una minore tutela del lavoratore (che una società non ha convenienza a creare) ma che neanche un imprenditore ha intenzione di formare in quanto porta ad una barriera ed a una separazione netta tra i ruoli capo-operaio. Se la produzione a cottimo, ovvero a pezzi, fosse affidata ad una azienda esterna; come spesso succede, allora si avrebbe una certa garanzia sulla quantità di merce prodotta senza avere delle scissioni capo-operaio. La quantità dei dipendenti della azienda satellite, che immagino molto più grande e specializzata nel singolo settore rispetto alla prima, e magari con più aziende che richiedono prodotti simili, crea una maggiore assicurazione nel caso ci fossero malattie o defezioni (avendo una maggiore defezione).

Perché propongo questo sistema, peraltro già in uso? Perché c'è solo una cosa che l'imprenditore preferisce al guadagno immediato, il guadagno perpetuato nel tempo. Se in questo caso il proprietario si trova costretto a rinunciare ad una parte
del guadagno, dato che anche l'imprenditore satellite vuole mangiare, questo verrà ricompensato in due modi:
Il primo attraverso una fornitura perpetua altamente tecnologica.
Il secondo pagando una fornitura a cottimo senza bisogno di sfruttare gli operai, cosa che nuocerebbe all'immagine della sua azienda e ai suoi operai in genere che ha interesse a mantenere devoti e felici.

domenica 21 luglio 2013

Come guadagna Wechat


Wechat è una applicazione disponibile per i maggiori device (iOS, Android, Windows phone, Blackberry e Symbian) simile a Whatsapp, che sta riscuotendo parecchio successi da parte della critica per la sua stabilità e facilità d’uso.

Di recente è comparsa una pubblicità con un testimonial davvero fuori dal coro: Lionel Messi. Sebbene non sia un appassionato di calcio (colpa del piede a banana) il fuoriclasse del Barcellona è noto anche ad un ottuso come me!

Proprio grazie a questa aurea che hanno solamente i veri campioni la Wechat-mania è esplosa e in pochi giorni l’app è schizzata tra le più scaricate!

Questo apre un paio di problemi:
  • L’applicazione era disponibile sullo store già da parecchio tempo (io stesso l’avevo già scaricata): com’è possibile che la sua "perfezione" non sia saltata fuori prima della pubblicità in TV?
  • Perchè noi italiani siamo i soliti boccaloni che quando vedono Messi che usa Wechat gli corriamo dietro?

Critica sull’italiano medio (in cui mi riconosco) a parte.

Come fa Wechat a permettersi uno spot con Messi?


- L’applicazione è gratis. Quindi non ci sono entrate da parte degli utilizzatori finali.
  • Non vende le informazioni. Non avrebbe senso, non si possono analizzare interi discorsi: si fa già fatica con Facebook.
  • Non mette dentro pubblicità. Non c’è.
  • Non fa pagare un canone (per esempio annuale come fa whatsapp).

La risposta è semplice: QUESTA APPLICAZIONE NON PORTA UN GUADAGNO.

Se si cerca con attenzione sulla rete si può facilmente notare che l’applicazione è sviluppata dalla “Tencent Holdings” ossia una compagnia che investe su internet acquistando software house o simili. La Terence Holdings si muove prevalentemente sul mercato cinese: per questo non ci siamo mai accorti della sua presenza e proprio su questo mercato (insieme a quello indiano) Wechat ha avuto maggior successo (ante publicitam). 

Per dare un ordine di grandezza della compagnia: è subito sotto Google e Amazon con un capitale di 38 miliardi di dollari nel 2010 (sì, più di Facebook).
Tra le applicazioni del gruppo compaiono 
  • QQ Instant messenger: un servizio di messaggistica tipo Msn.
  • ITQQ: una specie di Youtube cinese.
  • Vari giochi multiplayer online.
  • QQlive: peer to peer.
  • QQplayer: un media player tipo windows media player.
  • Qzone: il Facebook cinese più utilizzato.
  • Tencent Travel: avete presente eDreams e TriVaGo? Indovinate? Sì, la versione cinese di quel programma.
  • Tencent Weibo: il Twitter cinese.
  • TenPay: un’alternativa cinese a Paypal.

In pratica i servizi internet in Cina sono controllati da questa holding che copia i siti e le applicazioni di successo, le traduce in cinese e ci fa i soldi.

“Though WeChat still does not make any profit, experts said that it is only a matter of time before the software starts to make money.”
Global Times

Come dicono gli esperti, Wechat a breve verrà monetizzata, dato il successo che ha avuto in Europa, probabilmente si auto pubblicizzerà promuovendo i servizi sopracitati che costano.

Ecco come fa Wechat a superare Whatsapp

Non ve lo aspettavate vero?

giovedì 27 giugno 2013

How Google Works - Tesina Maturità

Ho fatto un piccolo restyling alla mia tesina. Questa con ogni probabilità sarà quella che esporrò all'esame orale!

Scaricatela pure da qui!


lunedì 17 giugno 2013

Mappa Concettuale

Come funziona Google? (How Google works)

Sicuramente vi sarete chiesti come fa il motore di ricerca a sopravvivere dato che nessuno dei fruitori paga il servizio!

In questa infografica ho provato a spiegarlo! 

Certo ci sono riferimenti storici, filosofici e artistici ma d'altronde questa fungerà anche da mappa concettuale per la maturità!

Spero vi piaccia e se per caso avete dei suggerimenti... Beh suggeritemeli!

sabato 15 giugno 2013

Come cercare informazioni sui membri esterni della maturità

Anche io mi sono imbattuto in una operazione degna del miglior spionaggio da guerra fredda per reperire informazioni circa i miei professori esterni.
Qui vi darò due dritte che mi sono state molto utili.


  1. Chiedere ad amici che frequentano la scuola del professore cercato. Sembra una cavolata ma anche solo mandare un SMS a un vecchio compagno delle medie può aiutare molto e potrebbe inoltre far rifiorire delle amicizie andate perse (come è successo a me).
  2. Su Facebook si creeranno numerosi gruppi di disperati che cercheranno informazioni sui commissari esterni: iscrivetevi o chiedete di essere inseriti all'interno della "cerchia".
  3. Cercare su internet. Non troverete nulla nel 99% dei casi, certe volte però (soprattutto professori di matematica e fisica) potrete imbattervi in siti web degli insegnanti con uploadati degli esercizi per gli studenti delle classi in cui insegnano (potreste esercitarvi su quegli esercizi). Alcune scuole inoltre mettono a disposizione sulla loro pagina web un breve spazio in cui i professori si possono presentare e scrivere una breve BIO (un professore l'ho trovato così e mi sono sentito moooolto figo).
  4. Lasciate perdere i profili personali dei professori sui vari social network: non troverete nulla di utile ai fini scolastici e una richiesta di amicizia da parte di uno studente della scuola in cui si farà da commissario non è, decisamente, furbo.

Ma soprattutto chiedete, chiedete, chiedete in giro! In molti saranno felici di fare un piacere e magari sentirsi importanti dando delle informazioni sul proprio insegnante!



venerdì 31 maggio 2013

ITIT ovvero Starbucks

No, non arriverà Starbucks in Italia, Howard Schultz lo aveva già annunciato anni fa motivando la scelta con il diverso modo di intendere il caffè da parte di noi (italiani) e, quindi, una non sostenibilità degli eventuali investimenti.

A Bologna, in zona universitaria, sorge ormai da tempo un posticino molto carino di nome Itit che è uguale a Starbucks eccetto per il colore (verde). 

La filosofia? Prendi un caffè, siediti e restaci finché vuoi! 
La cosa sembra funzionare eccome a giudicare dai prezzi.

Premetto che sono un cliente abituale (ci vado almeno una volta a settimana) e se dovessi consigliare una pausa prolungata nel centro suggerirei senza dubbio questo similStarbucks ma i prezzi (sottolineo) sono davvero alti! Un caffè espresso costa 1,5€, un americano sui 2,5€ ora, se siete in compagnia e volete fare un'uscita mattutina o pomeridiana allora penso che sia molto interessante come cosa, se invece, volete prendere un caffé "alla vecchia" allora girate pure a largo...

La prima osservazione che mi viene da fare è: se Itit è pieno zeppo di persone (c'è qualcuno in fila alla cassa ad ogni orario, ve lo dice uno che ci passa interi pomeriggi) perchè Starbucks pensa che non riuscirebbe a starci dentro??


Non so... Probabilmente si dovrebbe fare una petizione ma forse è meglio così. È meglio Itit perché ce lo abbiamo solo noi a Bologna e non c'è tutto quell'afflusso di ragazzine tredicenni che per farsi vedere con un barilotto di cartone pieno di camomilla entrerebbe urlante in un posto dove dovrebbe, almeno in teoria, regnare la pace.


Ah, dimenticavo! 

Ci sono anche tutte le varianti come il Frapuccino che sono davvero DELIZIOSE!

lunedì 27 maggio 2013

Instagraph


Sì, sono un possessore di windows phone 8.
Il nuovo sistema operativo mi è piaciuto fin da subito e, elettrizzato, sono andato a comprare un nuovo device; poco importa se ci sono poche applicazioni disponibili "tanto usciranno".
Così è stato: Facebook, Twitter, Evernote, Whatsapp (anche se un po' in ritardo), Shazam e addirittura Camwow!
Ne manca qualcuna? No? E che dite di Instagram? L'applicazione di Facebook non è ancora disponibile e nonostante le promesse secondo me non verrà presentata a breve. 
Non disperate, la soluzione c'è e si chiama Instagraph: una applicazione che permette di caricare le foto sui server dello sviluppatore che mediante dei sistemi operativi iOS e Android carica le foto inviate su Instagram.
Gran Idea! E per di più da una casa italiana la Venetasoft.
L'applicazione ora costa solamente 0,99€ e sono davvero soldi ben spesi se state cercando di entrare a far parte del social network fotografico.  Unica pecca è l'impossibilità di taggare e di condividere su Facebook, Twitter, Flickr e altri le immagini, gli sviluppatori hanno affermato che sono i prossimi punti sulla lista del lavoro da fare... Speriamo!

Degna di nota è l'applicazione itstagram addirittura in una versione gratuita ma illegale in quanto usa API non autorizzate. Non voglio fare il pippotto sulla legalità ma per 99 centesimi a degli italiani che si sono fatti il mazzo con una gran idea non ci starei tanto a pensare! (considerate poi che la versione gratuita di itstagram guadagna ricaricando con le pubblicità dentro all'applicazione)

Se vuoi vedere gli effetti che ha la pubblicità sul web clicca qui.

Se vuoi seguirmi su Instagram clicca qui.


sabato 25 maggio 2013

Tesina

Non so se abbiate già sviluppato le vostre tesine, sì, voi maturandi.
Io alla mia una prima stesura l'ho già data e se qualcuno volesse scaricarla è libero di farlo!
Copiatela pure se ve la sentite (a breve posterò anche una presentazione) spero solo non frequentiate la mia scuola!

Il link per scaricarla: PDF - Word

E qui la Copertina



Liceo Scientifico 
A.B. Sabin
A.S. 2012/2013












How  Google works.
Tesina di Maturità








Scritta e argomentata da:
Riccardo Sibani


Introduzione.

Lo sviluppo di questa tesina che ad una prima letta potrebbe apparire eccessivamente semplice è in realtà molto più complessa in quanto prende in analisi le implementazioni storiche, filosofiche e artistiche di questa nuova società che si è manifestata all’alba delle seconda guerra mondiale.
Certamente il mondo del web ha portato un grande cambiamento nella nostra società e nel nostro stile di vita e mi è parso doveroso stillare un breve documento sul funzionamento interno del macrosistema web che a troppi è oscuro.
Questo materiale vuole portare alla luce la punta di un’iceberg di estreme dimensioni che per mancanza di tempo, di spazio e di facoltà l’autore non è riuscito ad esporre nella sua interezza. 
Ci sono ingenti quantità di denaro che gravitano attorno al nulla materiale o, per meglio dire, al virtuale. Il solo dominio google.com ha introiti per trentatré miliardi di dollari mal contati: è difficile fare stime sulla quantità di denaro che l’intero web mette in circolazione, impossibile poi se si vuol calcolare anche il “nero” e le vendite indirette.
Proprio le vendite indirette sono, ad avviso dell’autore, una fonte di guadagno estremamente ingente dato che siti i web delle singole aziende usano i propri domini come cataloghi per vendere soprattutto nei punti vendita fisici dislocati nel territorio.
Le implicazioni morali del trattato non sono state portate all’attenzione per una troppo lontana interdisciplinarità delle materie discusse. 
Il web è altresì il luogo dove le persone sono se stesse e possono, informarsi e consultare i dati che realmente interessa loro. Un noto rapper di nome Marracash nella canzone “Parole chiave” cita in rima le parole cercate nei computer di milioni di italiani e, ad ogni ritornello, ripete “una di queste sarà nel tuo motore di ricerca, ti conosce di più il tuo motore di ricerca, se guardassi chissà nel tuo motore di ricerca, tutta l’umanità è su un motore di ricerca” i metadati riportati ad ogni verso sono estremamente crudi e volgari e la formalità di questo scritto non mi permette di riportarli su carta stampata; lascio al lettore la curiosità intellettuale di ricercare il testo con una breve digitazione su internet.
Il messaggio che il cantante cerca di trasmette è la vibrante fragilità dell’uomo che  insegue risposte per sua natura e sul web è sufficientemente nudo e in sintonia da poter questionare riguardo i più intimi dubbi.
La libertà di espressione non dunque anche questo? Non vi è decisamente più libertà dietro un anonimo profilo? 
La risposta non può essere data perché sbagliata nella formulazione: nessuno è anonimo e la presunta invisibilità di cui ci forgiamo in modo convinto davanti ad uno schermo è forse più grave dell’anonimato stesso.

Vorrei concludere con una breve citazione di un professore di geografia che alla fine di questa tesina molto significherà come chiave di lettura: “Il mondo è fatto gerarchicamente”.


mercoledì 8 maggio 2013

De Abusuum Natura

Per diletto mi sono ritrovato a scrivere questo breve saggio sulla scuola di Francoforte. 

Dedicato al mio professore di storia e filosofia Lorenzo Grilli,

Vi prego di saltare l'introduzione ignobile e illeggibile. 


De Abusuum Natura di Riccardo Pina Sibani 
È la vigilia di natale e le domande che mi pongo sono: “cosa ci sarà dentro a quei pacchi colorati sotto l’albero?”, “I miei genitori mi regaleranno il nuovo iPhone 5 a partire da 729€ o il televisore da 32’’ che starebbe così bene in camera mia mentre gioco con l’ultimo FIFA13?”. Non mi chiedo se sia felice, se sto contemplando e onorando il giorno della nascita di Cristo e sfido chiunque: cristiano cattolico, protestante, buddista, induista, musulmano, ateo o teista a celebrare l’immacolata concezione piuttosto che il Natale (o una qualunque ricorrenza). 

A Natale si guadagna, con l’immacolata concezione no. Il 25 Dicembre si è a casa vicino alla propria famiglia a cui si fanno costosi regali con lo scopo finale (nascosto) di consumare e non di rendere felici i conoscenti.

Rendere felici le persone con un oggetto è di per sé una cosa misera: come si può legare la “Felicità” ad uno strumento? I piaceri della vita sono ben altri, sono nelle piccole cose come: un film o una cena con gli amici, una piccola vacanza con il partner, un caffè con i colleghi (o i compagni di classe). Quanti di questi piaceri sono liberi? Ovvero, quanti di questi piaceri sono gratis? 

Ci dicono che “il tempo è denaro”, che ogni secondo è importante, che bisogna lavorare ed essere produttivi e questo sin dalla scuola primaria: compiti e verifiche, compiti e verifiche con ritmi folli, con materie che non ci serviranno (vedi Latino) con il solo scopo di insegnarci a gestire i carichi di lavoro. Se un pomeriggio volessi contare i petali di una margherita e fare il “m’ama non m’ama”? 
Sarebbe impossibile perché sicuramente dovrei studiare matematica e dopo, magari, avrei pure allenamento: la margherita aspetterà la prossima primavera: di tempo ce ne è.

Oppure potrei lasciare tutto: lanciare il mio spirito libero da Los Angeles verso New Orleans a bordo di un chopper come Denis Hopper e Peter Fonda in Easy Rider ma così facendo la buona Mamma-Societàdeiconsumi mi avviserebbe che la mia cultura ne risentirebbe: “che fine avrà fatto Seneca dopo l’esilio in Corsica?” e così, di riflesso, anche il mio lavoro: “Non potrò mai creare un franchising di cavolo biodegradabili (che, sì, ogni cavolo è biodegradabile essendo organico ma la scritta “BIO” sulla confezione mi farà vendere almeno il 47% in più)”. 

Scegliendo di rimanere a studiare avrò comunque la sensazione di aver fatto una libera scelta (e chi potrebbe negarlo?); senza rendermi conto che tutto ciò è dato da una Mamma-Societàdeiconsumi che si è generata da sé in millenni di evoluzione. Nata dal baratto e cresciuta fino ai cartelli finanziari, trasformando l’uomo da un animale capace di dominare con rudimentali strumenti la natura a una bestia che soverchia l’ecosistema planetario.


La breve storia della Civiltà Economica

In origine gli uomini erano dei primati che rispondevano a degli istinti naturali: mangiare, bere, riprodursi e come ogni altro animale si era adattato, secondo darwiniana evoluzione, al suo habitat. 
Un giorno trovò un bastone abbastanza appuntito e robusto (o un sasso che dir si voglia), lo raccolse e perforò con esso la sua preda (cena). L’uomo ha così dominato per la prima volta la natura. 
Questo importante passo è stata la conseguenza di un istinto (magari, attaccato da un animale predatore, ha raccolto il suddetto bastone e difendendosi con quello ha vinto la sua battaglia per la sopravvivenza), un istinto animale che è in tutti gli esseri viventi (che Freud avrebbe definito pulsazioni). 
Cosa analoga è accaduta al castoro che, per costruire la sua tana al riparo dalle fiere che appartengono ai livelli superiori della catena alimentari, crea ancora oggi per semplice istinto delle dighe in cui giace durante l’oscurità e si rifugia al sicuro di giorno.

Non voglio assolutamente paragonare l’uomo ad un castoro (il secondo è sicuramente più civile) ma sorge una riflessione: il castoro ha potuto scegliere di costruire le dighe?
No, probabilmente un gruppo di castori non ha avuto questo istinto ed è rimasto sulla terraferma: prelibata selvaggina per i crudeli (ma dovranno pur nutrirsi anche loro?) predatori, senza lasciare tracce ai posteri e filosofeggianti uomini.
Così alcuni uomini non raccolsero il bastone e soggiogarono al predatore: nemmeno di loro avremo mai traccia. 

Il fortunato uomo che si salvò con il bastone sarà tornato alla tribù pieno di adrenalina raccontando l’avventura, ergo tutta la tribù viaggiò con un bastone come protezione.
Per sopravvivere l’uomo non ha avuto scelta. 

Allo steso modo non ha avuto scelta neanche per quella questioncina qui analizzata riguardo il capitalismo e la nostra Mamma-Societàdeiconsumi. 

Quindi l’uomo rinvigorito, temuto e dominatore, in poche parole vertice massimo della catena alimentare; secondo natura è destinato ad una bassa natalità (come leoni, squali, orsi o qualunque animale temibile vi venga in mente).
Però l’uomo ha imparato a controllare la natura, e bene, scopre infatti che dai semi di grano scartati e buttati fuori dalla caverna nascono spighe di ottimo grano e comincia così a coltivare i campi. La coltivazione occupa molto tempo e il povero neocontadino non ha tempo per cucirsi dei vestiti: se ne occuperà il neosarto. In che modo il neosarto darà i vestiti al neocontadino? In una tribù non servono né soldi né baratto: si è come in famiglia e ognuno lavora per il proprio e l’altrui bene. 
Il neosarto della tribù X però è davvero bravo: ricava una pelliccia che non emana sgradevoli odori grazie ad un nuovo processo di essicazione: accorrono anche dai villaggi vicini per averle. Il neosarto è però già pieno di lavoro e non può regalare le sue pellicce perciò il neofalegname, per assicurarsi il capo pregiato, consegna una sua ruota al neosarto (baratto) ponendo così le basi dell’economia. La società collaborando progredisce, chi non collabora e si rifiuta di aprirsi alla società sparisce senza lasciare traccia. 




Per sopravvivere l’uomo si apre al libero mercato senza aver avuto scelta.

Dal baratto alla moneta il passo è corto così come dalla moneta agli assegni o alle carte di credito che usiamo oggi. 
Come dimostrato l’uomo non ha avuto scelta o, meglio, chi ha fatto la scelta giusta e si è adattato ha continuato a popolare in numero sempre maggiore la terra; gli altri sopperiscono.




La Breve storia della civiltà del costume.

In una tribù e nelle sue evoluzioni come lo stato si può trovare una figura maschile dominante; così come fanno gli animali con i nuclei organizzati. Per differenziarsi il capotribù indossa elementi decorativi come penne sul capo (indiani), una corona (Medioevo), una toga con un alloro sul capo (Romani) o un completo elegante (società moderna). Curioso il fatto che in antichità si indossassero i segni distintivi sul capo mentre ora si siano evoluti in indumenti come una divisa (Papa permettendo). Probabilmente il copricapo innalzava la figura del maschio alfa, come a farla sembrare più alta e quindi più forte (notare le rappresentazioni egizie con i faraoni che sono sempre più alti degli altri uomini). Questi segni distintivi si sono poi evoluti: anelli, profumi, collane, vestiti color porpora o lettiga con i piedini ornati d’oro: per affermare la propria supremazia e leadership verso gli altri componenti del gruppo “tribù” che possono essere gli amici, i colleghi o gli abitanti del paese. Qui ogni uomo ha continuato la propria evoluzione del costume, i coulottes, simbolo della rivoluzione francese, sono l’ultima moda del primo ottocento insieme alle ormai superate parrucche a boccoli bianchi e incipriate dell’epoca illuminista. Subito dopo Napoleone riscoprì i costumi romani e inventa pertanto il movimento vintage e tutti a seguire una moda di mille ottocento anni prima. Questo significa che l’uomo non indossa questi segni distintivi perché l’ultimo ritrovato della produzione significa possibilità economica e quindi attraverso il costume si ostenta il proprio dominio. Piuttosto è il maschio alfa che segna una moda (in questo caso l’Imperatore di Francia) e gli aspiranti leader seguono il suo stile. 
Un esempio di questo fenomeno di Following lo possiamo notare già nei bambini:

Un fanciullo che frequenta le scuole elementari ha un gruppetto di amici dominato da un bambino alfa che “decide” le mode del momento: le BullBoys rosse, le Hot Wheels (e se mamma e papà sono proprio sfortunati il bambino alfa sarà il figlio dell’edicolante che colleziona mille figurine, mi sentirò per sempre i colpa per tutti quegli album Panini, tra l’altro odio pure il calcio) e supplicherà i genitori piangendo per avere quei segni distintivi che lo porranno al pari degli amici.

Comprando il bene che speriamo elevi il nostro grado sociale ci sentiamo felici, generiamo l’interesse dei nostri compagni (ce l’ho, ce l’ho, manca!) e la loro invidia (accipicchia che fortuna Totti è introvabile!). Questo fino a quando tutti si saranno uniformati al costume (tutti abbiamo finito l’album: lasciamo nell’armadio delle riviste che quando lo rivedrò a diciott’anni mi scenderanno lacrime di nostalgia) o verrà lanciata una nuova moda (e a diciotto anni non avrete nemmeno l’orgoglio di dire “Che bravo bambino che ero: l’ho pure finito l’album!”).
La nostra società continua su questa strada con un piccolo plus: la pubblicità. Il maschio alfa che ci suggerisce la moda non lo conosciamo nemmeno più: vogliamo soltanto imitare un modello palestrato che vive a diecimila chilometri da noi e che sicuramente non ha scelto come vestirsi, glielo avrà prescritto uno stilista avanti con l’età che non potrebbe mai prestare come indossatore perchè non ha la prestanza fisica degna di un maschio alfa. In tutto questo ci guadagna un panciuto capitalista con i baffi. E qui che ci ritroviamo: in una Mamma-Societàdeiconsumi che non mi lascia scelta o dentro il sistema con l’ultima moda o emarginato. 

Non possiamo non dominare la natura.



Perciò una domanda:

È possibile vivere in maniera non capitalistica?
No. 

Come già detto non abbiamo mai avuto una scelta: non oggi di sicuro ma nemmeno agli albori della società. Perchè l’uomo è frutto delle scelte adatte, come il povero castoro, non delle scelte moralmente giuste ma di quelle che lo hanno fatto sopravvivere e il capitalismo rende possibile la sopravvivenza più o meno agiata di sette miliardi di persone.
In una società non capitalista sarebbe possibile? E senza la società? Assolutamente no! Perchè se la siccità prende la pianura padana la Cina può vendere (?) il suo suo riso ai poveri contadini ma come glielo spedisce senza un camion, una nave o un aero costruito dal signore panciuto con i baffi? 
L’unica proposta sarebbe generare delle industrie senza scopo di lucro per costruire i macchinari necessari ma si instaurerebbe un meccanismo pseudo-capitalistico perchè i prodotti si differenzierebbero anche minimamente (lo spazzolino con due setole in più) e indirizzerebbero la folla verso un prodotto. I produttori degli altri spazzolini o copiano lo spazzolino vincente (tanto non si guadagna nulla, compagno, fallo pure uguale a me e viva il Comunismo, perchè di comunismo stiamo parlando) fino a quando non si evolverà nuovamente il prodotto (aggiungere al retro della testina un inserto morbido massaggiante per la lingua) e si ritornerà ad una evoluzione che è cosa buona e giusta per l’umanità (altrimenti la peste ve la curate con le sanguisughe e addio alla scienza). 
Lo sviluppo riprenderebbe quindi dalla medicina, dai farmaci perchè il bisogno primario diventerebbe la salute ma si evolverebbe magari in giacche che riparano di più dal freddo fino a tornare al capitalismo odierno.

Mi si potrà criticare: “l’uomo così resta schiavo dei bisogni che non ha”, “continuerà a desiderare oggetti per la propria felicità” ma a voi rispondo che lo spazzolino è soltanto la punta emersa di un iceberg di grandi dimensioni.
Un contadino che lavora tutto il giorno una terra che non frutta poi molto decide di comprarsi una zappa migliore (ops, chiede al regime della società una zappa migliore) prodotta da una industria che ha dato una particolare curvatura alla parte terminale dell’attrezzo che smussa meglio il terreno. (Non è competizione tra industrie come nel capitalismo, ma voglia di sfamare di più popolazione) 
Un altro contadino del paese nota la nuova zappa (che in un sistema capitalistico sarebbe stata verde-arancione fluorescente e avrebbe avuto un nome con, come prefisso, “turbo” e, come suffisso, un numero 2000 o superiore, es. TurboZappa3000) e la vuole per incrementare il prodotto da devolvere alla società e per pavoneggiarsi davanti al paese perché una buona zappa è segno di virilità e le nubili della cittadella desiderano un marito con una bella zappa (la prossima volta non userò un attrezzo di forma fallica ma d’altronde questa è la mia società pseudo-freudiano e non posso estraniarmene) da qui ci si evolverà all’ultimo modello di cellulare per tornare ad una società fatta di piaceri materiali.
Il cellulare, la strada per la felicità, è infatti spesso paragonato al piacere carnale come se possedere l’oggetto per la felicità ci porterà ad avere una moglie più bella, capace di generare più figli e di evolvere la specie (ok, in verità solo per avere del miglior sesso, ma probabilmente è ancora colpa della mia società a cui non riesco ad estraniarmi). 


Il Male del Capitalismo

Siamo ciò che appariamo, non ciò che abbiamo. Apparentemente chi ha più soldi, chi ha il capitale maggiore è il più potente in una società capitalistica (cioè basata sul capitale),così non è perchè se sei ricco ma non ti “godi” la vita non sei nessuno, sei un animale che vive per i soldi e che lavora per un conto in banca, che è poi l’obiettivo di un capitalista. La società invece vuole spendere (e come guadagnare i soldi da spendere se non lavorando come un animale?) ma, a differenza del piccolo Mazzarò capitalista, spende quanto ha guadagnato (alle volte anche di più portando così la crisi del 1930 o quella più recente dei giorni nostri). 
Tutto questo è causato dalla PUBBLICITÀ  che è il vero male del capitalismo
La pubblicità in prima istanza ha salvato il la società moderna indirizzandola verso la seconda rivoluzione industriale per poi, in seconda istanza, letteralmente “mangiarselo” con il consumismo obbligando le persone a comprare per vivere felici
Le pubblicità esistevano già ai tempi dei romani (ne sono state trovate a Pompei) ma la loro forma moderna e aggressiva è databile agli anni ‘30 per avere un’esplosione in Italia negli anni ’50 con il celebre Carosello. Ogni giorno di più il cancro del capitalismo avanza, le pubblicità sono dappertutto basta vedere una fotografia sui palazzi (es. di Times Square) o addirittura dipinte per terra ai semafori. Se la pubblicità continuerà sarà questa a decidere il nostro futuro.
Non sto estremizzando parlando di “cancro” o di “male del capitalismo” perchè se una anziana di settant’anni si riduce a rubare dei cosmetici in un supermercato (http://tinyurl.com/aty68hs) vuol dire che la pubblicità funziona eccome ma vuol anche dire che la pubblicità ci può far fare di tutto (non cito la bibliografia perchè sarebbe immensa, penso che il romanzo1984 di Orwell sia più che sufficiente). 

Le persone al giorno d’oggi hanno un regime di vita troppo elevato rispetto al reddito. Le nuove tasse imposte non aiutano di certo il popolo ma potrebbe essere utile analizzare la provenienza del debito di stato (rigorosamente senza numeri, in pieno stile francofortese!).


Più della metà di questo deficit è infatti causato dagli interessi bancari: quindi metà del debito non esisterebbe senza banche (15000€ pro-capite di debiti in meno, zack!)

Occorre una premessa. Le banche possono essere considerate il capitalismo come istituzione; mediante la Borsa possono gestire i capitali e, in Europa, sono le uniche a poter stampare monete sonanti (di banche private stiamo parlando). Il debito è quindi una conseguenza abbastanza logica.

Potremmo definire il debito pubblico la crisi di sovraproduzione 2.0, potrebbe pertanto risultare opportuno fare un passo indietro riconoscendo di non poter vivere, per ora, in una società così agiata.
Tutto questo ovviamente non succederà, si preferisce affondare sul Titanic ascoltando l’orchestra suonare i violini suonare il “Canone di Pachelbel” piuttosto che cercare di salvarsi tenendosi a galla su una porta di legno. Questo sarà il motivo per cui caleremo a picco: cercando i piaceri temporanei piuttosto che quelli puri e genuini, quelli che durano: che ci rendono realmente felici e che non sono frutto del materialismo.



La soluzione (che dovete trovare voi)

In questa crisi a lungo annunciate e a lungo assecondata: se saremo in grado di non farci influenzare dalle reclàme e di ragionare con le nostre teste allora avremo ancora una possibilità di cambiare l’uomo e di vivere in maniera organizzata e felice semplicemente per la gioia di stare insieme. 
Al contrario ci dovremo arrendere a questo sistema.
E non è detto che sia necessariamente un male.

Così consumeremo tutte le nostre risorse fino ad estinguerci o a decimarci cosa che hanno fatto milioni di animali, d’altronde “Alle locuste non importa della deforestazione.” a loro importa soltanto sopravvivere come singoli.

domenica 28 aprile 2013

De Providentia - Seneca



Penso che la traduzione del "De Providentia" Cap 2 possa essere utile a tutti quelli che si stanno apprestando a studiarlo. In internet non c'è molto, così ho fatto questa tabella che divide testo originale e testo tradotto per poter interpretarla/tradurre meglio!

De Providentia Seneca

1. 'Quare multa bonis viris adversa eveniunt? 'Nihil accidere bono viro mali potest: non miscentur contraria. Quemadmodum tot amnes, tantum superne deiectorum imbrium, tanta medicatorum vis fontium non mutant saporem maris, ne remittunt quidem, ita adversarum impetus rerum viri fortis non vertit animum: manet in statu et quidquid evenit in suum colorem trahit; est enim omnibus externis potentior.
1. Perchè accadono molte avversità agli uomini buoni? All’uomo buono non può accadere nulla di male: le cose contrarie non si associano. Al modo stesso in cui tanti fiumi, tante piogge cascate giù dall’alto, tanto afflusso di sorgenti medicamentose, non mutano il sapore del mare, anzi non lo attenuano neppure, - così l’impeto delle avversità non sovverte l’animo di un uomo forte: esso rimane nel suo stato abituale e dà il suo proprio colore a tutto ciò che accade: infatti, è più potente di ogni soggetto esterno.
2. Nec hoc dico, non sentit illa, sed vincit, et alioqui quietus placidusque contra incurrentia attollitur. Omnia adversa exercitationes putat. Quis autem, vir modo et erectus ad honesta, non est laboris adpetens iusti et ad officia cum periculo promptus? Cui non industrio otium poena est?
2. Non dico che egli non senta questi oggetti, ma che li vince e che pur essendo solitamente quieto e placido, si aderge contro ciò che gli piomba addosso. Considera tutte le avversità come esercitazioni. E chi del resto, purché sia veramente uomo ed eretto in alto verso la virtù, non è desideroso di una fatica a lui inadeguata, non è pronto ad assumersi dei compiti che importino per lui pericolo? Per quale uomo attivo non è una pena l’ozio?
3. Athletas videmus, quibus virium cura est, cum fortissimis quibusque confligere et exigere ab iis per quos certamini praeparantur ut totis contra ipsos viribus utantur; caedi se vexarique patiuntur et, si non inveniunt singulos pares, pluribus simul obiciuntur
3. Vediamo gli atleti, che si prendon cura dell’esercizio delle proprie forze, lottare coi campioni più forti e pretendere da coloro che li allenano alle gare che adoprino contro di loro tutta la propria forza: si lascian colpire e tartassare e, se non trovano avversari singoli che siano al loro pari, si espongono in combattimento contro parecchi antagonisti presi insieme.

4. Marcet sine adversario virtus: tunc apparet quanta sit quantumque polleat, cum quid possit patientia ostendit. Scias licet idem viris bonis esse faciendum, ut dura ac difficilia non reformident nec de fato querantur, quidquid accidit boni consulant, in bonum vertant; non quid sed quemadmodum feras interest.
4. Senza un avversario, la virtù marcisce: si vede quanto grande essa sia, e quanto valga, solo allorquando mostra il suo potere col sopportar delle prove. Sappi dunque che gli uomini buoni debbon far lo stesso: non devono temere ciò che è duro e difficile, non devono lamentarsi del destino, devono considerar come un bene e volgere in bene tutto ciò che accade. Non interessa ciò che tu sopporti, ma interessa la maniera in cui lo sopporti.
5. Non vides quanto aliter patres, aliter matres indulgeant? illi excitari iubent liberos ad studia obeunda mature, feriatis quoque diebus non patiuntur esse otiosos, et sudorem illis et interdum lacrimas excutiunt; at matres fovere in sinu, continere in umbra volunt, numquam contristari, numquam flere, numquam laborare.
5. Non vedi quanto diversamente riversino sui figli la loro tenerezza i padri e le madri? I padri impongono ai figli di svegliarsi di buon’ora per intraprender le loro occupazioni, e anche nei giorni festivi non li lasciano star nell’ozio, e li fanno sudare e talvolta anche piangere: le madri invece li voglion covare nel loro seno, li vogliono trattenere nell’ombra, non voglion che essi abbiano mai a rattristarsi, che essi mai piangano, che mai si affatichino sino a stancarsi.
6. Patrium deus habet adversus bonos viros animum et illos fortiter amat et 'operibus' inquit 'doloribus damnis exagitentur, ut verum colligant robur. 'Languent per inertiam saginata nec labore tantum sed motu et ipso sui onere deficiunt. Non fert ullum ictum inlaesa felicitas; at cui adsidua fuit cum incommodis suis rixa, callum per iniurias duxit nec ulli malo cedit, sed etiam si cecidit de genu pugnat.
6. Iddio ha per gli uomini buoni l’animo di un padre, li ama fortemente e dice: “Si affannino operando, soffrendo dolori, sostenendo privazioni per poter conseguire la loro vera forza”. Gli animali ingrassati nell’inerzia languiscono e non reggono, nonchè alla fatica, neppure al movimento, e vengono meno sotto il peso stesso del loro corpo. La felicità che è sempre rimasta illesa non sopporta nessun colpo; ma chi ha dovuto assiduamente lottare con le difficoltà si è incallito a forza di ricever molestie, e non cede di fronte a nessun male, e anche se cade, combatte ancora in ginocchio.
7. Miraris tu, si deus ille bonorum amantissimus, qui illos quam optimos esse atque excellentissimos vult, fortunam illis cum qua exerceantur adsignat? Ego vero non miror, si aliquando impetum capiunt spectandi magnos viros conluctantis cum aliqua calamitate.
7. Vuoi tu meravigliarti se quel Dio amatissimo dei buoni, che li vuole ottimi ed eccellenti nella maggior misura possibile, assegna loro una fortuna con la quale possano esercitarsi a combattere? Io, per conto mio, non mi meraviglio se talvolta mi prende il desiderio di guardare gli uomini grandi che lottano con qualche calamità.